Se la cultura è il granaio per le stagioni tristi dello spirito, la natura è il serbatoio dell’inverno. Nel pieno della stagione fredda non c’è niente di più gradevole che aprire la dispensa e ritrovare i colori, i profumi e il gusto dell’estate. Serbare e non sprecare quello che l’estate fa maturare in orti e frutteti è uno degli insegnamenti che le nonne hanno trasmesso a generazioni di nipoti. E aprire un vasetto di marmellata di fichi, di more o di passata di pomodori non è solo cibo per lo stomaco ma anche per l’anima perché in quei vasetti colorati, ben allineati nel fondo della dispensa, con l’etichetta scritta a mano tutto trasmette affetto, cura e gratitudine. Affetto per chi li riceve in dono, cura nel raccogliere, nel pulire, nel cuocere e infine nell’invasare. E senso di gratitudine per la terra che ci riempie le mani di frutti d’ogni specie.

Il 1° Settembre si celebra la giornata mondiale del creato, un giorno per celebrare la Terra che “ci sostenta e ci governa”, parole non recenti ma simbolo di un codice antico, scritto alle origini della nostra stessa lingua, il volgare, con le parole del bellissimo Cantico delle creature di San Francesco d’Assisi.

Generazione dopo generazione, lungo il corso delle stagioni, di secolo in secolo, il rapporto con la terra è cambiato. Dalle rivoluzioni agricole dei monaci benedettini fino alla meccanizzazione più recente si sono avvicendati più di un cambio d’epoca. Ma il “miracolo” dei fiori e dei frutti continua così come continua la saggezza che non disperde il raccolto, non lo lascia marcire ma raccoglie, conserva e mette da parte marmellate e giardiniere come generi di conforto per i mesi sterili dell’inverno.

Siamo nel pieno della stagione più ricca dell’anno e in questi giorni capita di sentire nei supermercati rincorrersi tra gli scaffali la richiesta alle commesse dei vasetti, i classici “Bormioli”, diventati più introvabili del lievito e della farina durante il lockdown. I più previdenti hanno cominciato già nella tarda primavera con fragole e ciliegie, per continuare con pesche, fichi, more, prugne, pere, pomodori, giardiniere e si continuerà con arance e limoni. Chi ha piante da frutto, sa che la maturazione concomitante, appesantisce i rami, aumenta il numero di frutti pronti e c’è sempre una quota che finisce per terra e va persa. Ecco perché per evitare sprechi e poltiglie varie si invitano amici e conoscenti a completare la raccolta e a tenersi i frutti. E nel clima generale di maggiore attenzione e di ricerca dei frutti selvatici della terra a quelli tradizionali si uniscono le more selvatiche, il sambuco e i mirtilli, magari quelli piccoli e gustosissimi del Frignano. Piantare semi è un gesto che racchiude una grande speranza, ma implica accettare la sfida di veder sfumare il raccolto, d’altra parte se non si semina è certo che non ci sarà nessun raccolto, ma in questo modo la Natura si rivela essere l’incubatore più generoso delle nostre speranze.

Le confetture non sono specialità d’altri tempi ma facili preparazioni, molto apprezzate a colazione o da utilizzare per farcire crostate o dolcetti casalinghi. Sono facili da preparare e necessitano di pochi ingredienti: frutta e zucchero nella giusta proporzione e aggiunta di limone. Attenzione alla sigillatura che va fatta a “regola d’arte” a bagnomaria oppure con l’utilizzo di cognac flambé.

Per una strepitosa crostata
Per una strepitosa crostata è una buona idea mescolare confetture di frutta diversa e unire qualche ingrediente “segreto”.

Il ripieno
Ad esempio per un ripieno super unire la confettura di pere con la marmellata di arance amare, aggiungere poi cioccolato amaro tagliato a lamelle sottile e mandorle tostate tagliate fini.

La frolla
Per una crostata di fichi speciale vale la pena preparare la frolla con farina integrale e zucchero di canna, il sapore bilancerà la dolcezza della marmellata di fichi.

La confettura di prugne
Lo sapevate che nella confettura di prugne (quelle rosse) si aggiungono anche le mandorle, tagliate molto fini, estratte dai noccioli?

La confettura di fichi
È la mia preferita, come amo moltissimo questo frutto, tipicamente mediterraneo, che per essere apprezzato in tutto il suo succoso sapore, magari in abbinata con prosciutto crudo e mortadella, va colto direttamente dalla pianta. Sono anni che ad agosto preparo la confettura. Raccolgo i fichi dalla pianta di amici di famiglia che ad agosto, immancabilmente, mi telefonano per chiedermi di passare a prenderli perché sono disperati, maturati tutti insieme sono ormai stanchi di mangiarli e cadendo sotto l’albero richiamano vespe ed api.
Noi (che abbiamo atteso con apprensione di ricevere il loro appello) ci affrettiamo a ringraziare e nel giro di un’ora siamo già sul posto. Coperti con vecchi pantaloni e camicie con maniche lunghe, le foglie dei fichi sono un po’ urticanti, prendiamo la scala dalla rimessa e cominciano molto delicatamente a fare la cernita. I fichi vanno colti maturi ma non devono essere acidi! Altrimenti la confettura non sarà buona. Riempiamo con cura il cesto che viene calato a chi sta sotto la scala e ripone i fichi in cassette coperte di teli vecchi ma puliti. Ogni anno raccogliamo 7/9 chili di fichi. Tornati a casa la frutta va subito lavata delicatamente e rapidamente, poi si elimina il picciolo e si tagliano a pezzi senza sbucciarli; i fichi vanno messi in una casseruola di acciaio inox dal fondo molto pesante. Ogni due chili di fichi si aggiunge la scorza (edibile) grattugiata di 1 limone e poi il limone a pezzi.  Si porta il tutto a ebollizione per 40 minuti fino a ottenere un composto denso che aderisce al cucchiaio. A questo punto si toglie dal fuoco e si fa intiepidire. Per renderla omogenea ci sono varie soluzioni: passare al passaverdura oppure il frullatore a immersione, io sono per la seconda soluzione che è più rapida e precisa. La mamma della mia amica, la proprietaria del fico, preferisce lasciarla rustica a pezzettoni. Fatta questa operazione si aggiunge lo zucchero, la ricetta ne prevede 700 gr per chilo ma io ne metto meno circa mezzo chilo, molto però dipende anche dalla dolcezza del frutto, ad esempio quest’anno i fichi erano un po’ acquosi e poco dolci così su 7 chili ho aggiunto 2 chili di zucchero e la confettura è buonissima. Dopo aver aggiunto lo zucchero, si rimette sul fuoco e si fa cuocere finché non ha raggiunto la giusta consistenza. Ultimo passaggio, delicato, la sigillatura: io la faccio con il Cognac invecchiato, senza infiammarlo, un cucchiaio per vasetto.

Buon appetito!