I ricordi legati all’infanzia sono un’alchimia di profumi, sapori e sensazione di benessere. C’è un luogo della memoria in cui ci sentiamo veramente appagati e grati per chi ci ha amato con i piccoli gesti quotidiani, per momenti per noi decisivi eppure di assoluta normalità. Nei miei ricordi d’infanzia i giorni freddi di gennaio sono riscaldati dal tepore di dolci appena sfornati, profumati, avvolti in una nuvola di zucchero a velo. Erano frittelle di mele, favetti, castagnole e chiacchere (bugie, lattughe, frappe e tanti altri nomi per lo stesso identico dolce) preparate dalla nonna oppure dalla mamma. Sono i dolci che si associano nella memoria alle sfilate in maschera con l’abito azzurro di seta cangiante, il cappello a cono con una graziosa veletta e la bacchetta da fatina tra coriandoli e stelle filanti. Il Carnevale è un tripudio di colori e di sapori che restano impressi nella memoria come zucchero che si attacca alle dita, una polvere allegra che non ti lascia mai e quando riaffiora strappa sempre un sorriso.
Tra i dolci ce n’era uno molto particolare, che sulla tavola arrivava già il giorno di Natale, che non sempre si trova nei ricettari, erano i tortelli fritti col “sapore”, in dialetto “savòr”. La pasta di questi tortelli è simile a quella dei dolci di carnevale ma la cosa davvero particolare era il ripieno che sebbene declinato nelle diverse ricette familiari, tramandate di madre in figlia, unisce mele e pere d’inverno, ricche di sugo ma non dolcissime forse del tipo “volpine”, con noci sbriciolate, mandorle tritate finissime forse anche tostate, uvetta passa, pinoli nei menù più ricercati, bucce grattugiate di limoni e arance oppure candite, ma anche a volte fichi secchi, oppure pezzetti di cioccolato, ma l’”ingrediente segreto”, eppure fondamentale, era la saba, uno sciroppo a base d’uva che si ottiene facendo cuocere a lungo il mosto d’uva bianca o rossa. Questo ripieno un po’ misterioso veniva fatto cuocere per circa tre ore durante le quali si riduceva di almeno un quarto e si trasformava in una confettura soda.

Tornata in Emilia, da alcuni anni ho provato ad acquistare i tortelli fritti in diverse pasticcerie, forni o negozi ma quel sapore speciale dell’infanzia non sono ancora riuscita a ritrovarlo forse perché, come scriveva Proust, non è un dolce che si cerca ma un tempo, quello innocente dell’infanzia, che è irrimediabilmente perduto.